Lo straniero by Albert Camus
autore:Albert Camus
La lingua: it
Format: mobi, epub
pubblicato: 2012-04-10T18:58:25+00:00
2.
Ci sono cose di cui non mi è mai piaciuto parlare. Quando sono entrato in prigione, ho capito dopo qualche giorno che non mi sarebbe piaciuto parlare di questa parte della mia vita.
In seguito non ho dato più peso a questa ripugnanza. In verità i primi giorni non ero realmente in prigione: ero nell’attesa vaga di un qualche avvenimento nuovo. È soltanto dopo la prima e unica visita di Maria che tutto è cominciato. Dal giorno in cui ho ricevuto la sua lettera (mi diceva che non le permettevano più di venire perché non era mia moglie), da quel giorno ho sentito che la mia casa era quella cella e che la mia vita si fermava lì. Il giorno dell’arresto sono stato dapprima chiuso in una stanza dove c’erano già parecchi detenuti, quasi tutti arabi. Hanno riso al vedermi; poi mi hanno chiesto che cosa avevo fatto. Ho detto che avevo ucciso un arabo e sono rimasti silenziosi. Ma poco dopo è caduta la sera. Mi hanno spiegato come sistemare la stuoia dove avrei dovuto dormire. Arrotolando una delle estremità si poteva fare un cuscino. Durante tutta la notte mi sono sentito correre le cimici sul viso. Qualche giorno dopo mi hanno isolato in una cella dove dormivo su una panca di legno. Avevo un vaso per i miei bisogni e una bacinella di ferro. La prigione era nel punto più alto della città e dalla mia finestrina potevo vedere il mare. Un giorno che ero aggrappato alle sbarre, la faccia tesa verso la luce, è entrato un carceriere e mi ha detto che c’era una visita. Ho pensato che fosse Maria e difatti era lei.
Per andare in parlatorio ho dovuto fare un lungo corridoio, poi una scala e infine un secondo corridoio. Sono entrato in una sala molto vasta illuminata da una gran vetrata e divisa in tre parti da due grandi inferriate che la tagliavano nel senso della lunghezza. Fra le due inferriate c’era uno spazio di otto-dieci metri che separava i visitatori dai prigionieri. Ho visto di fronte a me Maria, col suo vestito a righe e la faccia abbronzata. Dalla mia parte c’era una decina di detenuti, per lo più arabi. Anche Maria era circondata da donne arabe: da un lato aveva una vecchietta dalle labbra sottili, vestita di nero, e dall’altro un donnone con la testa scoperta che parlava molto forte e gesticolando. A causa della distanza fra le inferriate, visitatori e prigionieri erano obbligati a parlare a voce molto alta. Quando sono entrato il rumore delle voci che rimbombavano contro le grandi pareti nude, la luce cruda che dal cielo si riversava sui vetri e si riverberava nella sala, mi hanno un po’ stordito. La mia cella era più calma e piena d’ombra. C’è voluto qualche secondo perché mi adattassi, ma poi ho finito per vedere nettamente ogni viso, staccato nella luce viva del giorno. Ho notato che un carceriere era seduto all’estremità del corridoio fra le due inferriate. La maggior parte dei prigionieri arabi erano rannicchiati per terra e così pure le loro famiglie di fronte.
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